sabato, agosto 26, 2006
Andate sul sito di questa vecchia conoscenza dell'ISIA di Faenza (qui). Non l'ho mai conosciuto di persona ma ritengo che lavori molto bene. Oltre ad essere un appassionato e, ormai, esperto di materiali ceramici Barnaby si è dedicato anche alla produzione con materiali diversi. L'idea che invece è espressa nella foto qui sopra è molto evidente: annoiatosi di quel brutto cerchio sporco di caffè che lasciano tutte le comuni tazzine ha pensato bene di associargli una texture, in modo da rendere più divertenti quei minuti che si passano a bere/fumare/pastrocchiare con la tazzina durante la pausa caffè. Geniale, è un'idea molto semplice ma profonda, se la analizzate con la giusta sensibilità...complimenti al nostro amico ex-Erasmus...!

sito: www.barnabybarford.co.uk/
 
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venerdì, agosto 11, 2006

Visto che ci sono riporto un altro bell'esempio (recente) di come si stiano muovendo bene alcune persone riguardo al concetto di riuso degli oggetti e di riciclaggio, in linea col buon gusto, le tendenze e lo stile contemporaneo. In questo caso mi sto riferendo all'azienda Freitag (per molti non ha neanche bisogno di presentazioni, per chi non sa di che cosa sto parlando consiglio la consultazione del loro sito -freitag.ch- e cliccando sulla 5^ voce dall'alto nella colonna dei menù a sinistra "The Concept and the story", ma occhio il sito si naviga in orizzontale anzichè in verticale) che, nata grazie a un'idea di puro recycling (borse resistentissime ispirate a quelle dei postini di NYC, fatte con teloni vecchi di camion, vecchie camere d'aria di biciclette e vecchie cinture di sicurezza), persegue la propria etica applicandola agli spazi: il Freitag Shop Zurich (sito in Geroldstrasse n.17) è stato interamente realizzato utilizzando 17 vecchi container per il trasporto navale di merci. Composto da 7 piani, all'ultimo è stato costruito un piccolo osservatorio panoramico, con tanto di binocolo mobile.
Anche qui niente da dire: bravi.





info:
Freitag Shop Zurich, Geroldstrasse 17, CH - 8005 Zurich
aperto dal lun al ven dalle 11:00 alle 19:30, sab dalle 11:00 alle 17:00



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Questo è un gran bell'esempio di Recycling! Quest'azienda di Londra -Double Decker Living- ha acquistato in tempo 12 esemplari dei vecchi Double Decker Bus (autobus a 2 piani) tipici del traffico londinese per trasformarli in alloggi ambulanti studiati appositamente per turisti e lavoratori in trasferta.



L'iniziativa è ancora recente e i partecipanti interessati non penso siano ancora molti. Ciononostante, in attesa di clientela più preparata e pronta a un tale sconvolgimento delle proprie abitudini e quotidianità (gli autobus/appartamenti sono per max 5-6 persone), l'azienda non sta perdendo tempo e ne sta impiegando un piccolo numero per dare riparo alle comunità dei senzatetto e clochardes sparse nelle periferie londinesi e inglesi. Lo slogan sul fianco dice molto: "Ancora al servizio di Londra" (foto sopra). Bell'idea, molto attuale tra l'altro.



Gli spazi dei vecchi bus sono stati completamente stravolti per creare dei veri e propri mini-appartamenti ben rifiniti, a prova d'incendio, furto e scasso. Ogni abitante ha le chiavi della propria stanza, e da quel che ho capito, una sorta di ingresso indipendente (?) in modo da non interferire con la privacy del vicino. Ci sono aree comuni, come il salotto (sopra) forniti di servizi e comodità. Tutto è stato studiato per garantire la massima somiglianza con la vita in un comune appartamento "immobile". Se siete interessati all'acquisto tocca prendere appuntamento e recarsi a Kent, nei pressi di Canterbury.

Meraviglioso, non vedo l'ora di visitarne uno all'interno.

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Ok, parliamone: quanta roba è stata inventata per soddisfare tutti gli appassionati (noi) dell'I-Pod, l'oggetto di business-design per eccellenza [che pur essendo super fighissimo e ineffabile, però, non fornisce nient'altro che se stesso, l'astuccino inutile e le cuffiette dentro la confezione: niente carica batterie e niente manuale d'uso, "te li vai a comprare"] che ha conquistato già ben il 50% del mercato nazionale legato ai lettori mp3? (!!!). E le casse più o meno potenti da tavolo (le migliori sono le Bose, chiaro), e l'I-dock, e il baracchino che trasforma l'I-Pod in radio, microfono, macchina digitale, e le fascette protettive per portarselo a correre, i calzini colorati con cui rivestirlo e tutta un'altra serie di gadgets spesso inutili...fino al porta-rotolo della carta igienica che in realtà è un mini-impianto di casse fornito di dock per appoggiarglielo sopra e allietare, dunque, le nostre cagate. Cagate, appunto. Ma super-fighe, ben curate ed eleganti.

Andiamo oltre. Questo che vedete nella foto è un elegante tavolino realizzato in multistrato e pioppo, linee rette e curvature morbide, niente orpelli, sobrio, fornito di vani porta-laptop e -guarda un po'- dock per appoggiare il nostro I-Pod, da qui il perchè della sua forma a pianoforte a coda. Ma non finisce qui: in realtà il tavolino è fornito di casse da amplificazione del suono fino a ben 130 Watt! Dotato di telecomando a distanza (per regolare volume ed equalizzazione)...il suo nome? Concerto Table.

Ok, passato il primo senso di infantile entusiasmo ("che figata!") vogliamo parlare di che robaccia si tratta?!? Dov'è il gesto di design??! Se non ci fosse stato l'I-Pod avrebbe avuto senso costruire un tavolino che imita la forma di un pianoforte? No, sarebbe stato styiling o un postmodernismo anacronistico. Avrebbe avuto senso costruire un tavolino "amplificato"? No, sarebbe stato spreco di materiale in nome di una decontestualizzazione inutile, anche brutta da vedere, forse anche brutta da sapere. Ma invece, grazie a Apple, eccoci rifilare un'idea pacchiana dalla forma pacchiana camuffata di eleganza (concessa solo dalla garbata sobrietà del bianco e delle linee sottili). Ed eccoci costretti ad apprezzare anche questi
errori/orrori di valutazione del Design, secondo me. A parte che non esiste che un'azienda americana (Lovegrove & Repucci, estabilished since 2003) venga a insegnarci come disegnare un tavolino solo perchè ci si può mettere sotto le sedie di Bertoya e degli Eames...un po' come se ora gli italiani si permettessero di buttare idee bizzarre e di cattivo gusto solo perchè negli anni '60 il Design Italiano era al top.

Non so, anche se alla domanda "ti metteresti quest'oggetto in casa?" rispondeste "Sì" mi piacerebbe sapere poi perchè. Domanda rivolta a designers soprattutto. Mia madre non se lo metterebbe in casa perchè non le piace punto e basta, non mi sa dare spiegazioni.


Ma voi?:
 
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mercoledì, agosto 09, 2006
Prendo spunto dal post di Magno (www.designisnotdead.blogspot.com) per rispondere alla sua serie di domande nel post "Emorragia Oggettuale" del 24 febbraio 2006. Per facilitare la comprensione riporto l'intero testo originale:

"La abbiamo chiamata confusione.
Si è sentito dire: un mucchio di cose.
Maree di frullatori.
Surplus surplus surplus.

Siamo tutti daccordo, il pianeta è sovrapopolato da oggetti. Ma chi sono i buoni e i cattivi? Chi ha sbagliato per primo? Perchè siamo sommersi dalle cose? Che disagi ne conseguono? E' giusto, è sbagliato? e ancora, tutte le domande che vi vengono in mente.

OK. Rispondetevi...

...e poi rispondete a me. Cosa possiamo fare noi designer? (proposte/soluzioni)"

Alex: Il surplus. Oltre che essere "plus" è addirittura "sur"-"sopra"-in sovrannumero. "Plus" è inteso come più (valore aggiunto mi verrebbe da dire...citando Mami) o come un di più? Sono solo posizioni strategiche per avere ragione quando si parla. Il "più" lo vedo come come aggiunta positiva. Nello specifico del Designer direi pro-positiva. Anzi chiamiamolo pure "fondamento di PRO+ Design". Insomma, tralasciando i giochi etimologici: perchè c'è un'over-produzione di oggetti? Per necessità di mercato (ovvero di fabbricare denaro da far girare) camuffato da soddisfacimento delle necessità umane. Giusto? Sbagliato? Inevitabile direi piuttosto. 200 anni fa era normale andare a piedi, il cavallo era dei ricchi. 150 anni fa si vedevano per le strade pedoni, cavalli, carrozze, alcune biciclette. 100 anni fa si sono aggiunte le automobili, che grazie a un certo Ford sono diventate migliaia nel giro di pochi anni. La necessità di muoversi c'è sempre stata, al giorno d'oggi pur essendoci un sovrannumero di auto e traffico la gente non smette di camminare...le innovazioni non hanno soppiantato quelle precedenti, hanno solo dato una possibilità in più...le innovazioni hanno ampliato la facoltà di SCEGLIERE. E' chiaro che, per esigenze personali, gusti e convinzioni "ci si poteva tranquillamente fermare a 50 anni di innovazione fa"..Anche secondo me Photoshop era già perfetto con la versione 6.0, eppure siamo alla CS e chissà quante ancora ne usciranno fuori..Anche secondo me l'ADSL era già velocissimo, ma Fastweb, T1, T2 e Tx sono comunque spuntati fuori rendendo possibile scaricare un DivX all'ora anzichè uno al giorno...e chi è che veramente si lamenta? I consumatori? Non credo. Chi si lamenta veramente della sovrapproduzione? I consumatori? Non credo, piuttosto ambientalisti e -guarda un po'- designer e creativi, ovvero coloro che gli oggetti sono tenuti a crearli...Ancora oggetti? Beh, si. Ma non gli stessi. E non per tutti. Meno oggetti -migliori- per sempre meno utenti. PRO+[più] POR-[meno].

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martedì, agosto 08, 2006
Continuo qui l'approfondimento sul Cool Hunting cominciato nel post sull'altro mio blog (Q-riositatem). Dunque, si parlava di andare a caccia di tutto ciò che farà tendenza (per i link ai migliori siti basta guardare qua a destra o nel post sopracitato), dei requisiti necessari (intuito, conoscenza di lingue straniere, formazione nei settori della moda, del design, della pubblicità, del marketing..) ma non ho ancora parlato dove si può andare a seguire Master: a Milano c'è il Future Concept Lab, l’Istituto Europeo di Design, il Naba, Nuova accademia di Belle Arti, il Politecnico (Master in Strategic Design) e la Domus Academy (Master in fashion e Industrial design) che propongono corsi a livello universitario. Per ora sono a conoscenza solo di questi istituti in Italia, per quanto riguarda l'estero non ne so molto (anche perchè non è che voglia proprio diventare un hunter...). Se volete leggere un articolo che parla del Cool Hunting in generale leggete "Professione Cool Hunter" scritto sul sito di Alice da nonsochì il 19 marzo 2004. Ho trovato anche una tesi interessante che approfondisce molto questa nuova professione, la trovate su Tesi online ed è di Valentina Fioramonti, laureata in Scienze della Comunicazione nell'anno accademico 2003/2004, il titolo della tesi è "Cool Hunting - quando la creatività incontra l'azienda". Per consultare tutta la tesi (275 pag) bisogna registrarsi e pagare un obolo; viene fornito gratuitamente, però, l'indice, un estratto delle prime 15 pagine in PDF e la bibliografia che riporto di seguito per comodità:

Bibliografia.
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ABRUZZESE A., Forme estetiche e società di massa, Marsilio Editore, Venezia, 1992.
ABRUZZESE A., Lo splendore della tv, Costa & Nolan, Genova, 1995.
ABRUZZESE A./BORRELLI D., L'industria culturale, Carocci, Roma, 2000.
ABRUZZESE A., L'intelligenza del mondo, Meltemi, Roma, 2001.
APPADURAI A., Modernità in polvere, Meltemi, Roma, 2001.
BALZAC de H., Trattato della vita elegante, Savelli, Milano, 1982.
BARILE N./ABRUZZESE A., Communifashion, Luca Sossella Editore, Roma, 2001.
BARILE N., Fenomenologia del consumo globale, Edizioni Interculturali, Roma, 2004
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BARTHES R., Miti d'oggi, Lerici, Milano, 1962.
BATESON G., Mente e natura, Adelphi, Milano, 1984.
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BAUDRILLARD J., Della seduzione, Cappelli, Bologna, 1980.
BAUDRILLARD J., La società dei consumi, Il Mulino, Bologna, 1976.
BAUDRILLARD J., Il sistema degli oggetti, Bompiani, Milano, 1972.
BAUDRILLARD J., La transparence du mal, Galilée, Paris, 1990.
BAUDRILLARD J., Le strategie fatali, Feltrinelli, Milano, 1984.
BAUDRILLARD J., L'illusione della fine, Anabasi, Milano, 1993.
BAUDRILLARD J., Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano, 1979.
BAUDRILLARD J., Il sogno della merce, a cura di Vanni Codeluppi, Lupetti, Milano, 1987.
BAUMAN Z., Dentro la globalizzazione, Laterza, Bari, 200.
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YONNET E., Jeux, modes et masses, Gallimard, Paris, 1998.

Lista riviste
C:CUBE. Cultura:Comunicazione:Consumo, trimestrale di studio e approfondimento, anno I n°1 mar. 2003/ n°4 dic. 2003, Bevivino Editore.
LINK, idee per la televisione, n°2 nov. 2003, Laboratorio Mediaset, ©R.T.I. - Mediaset.
Federmobili, Organo ufficiale della federazione nazionale commercianti mobili, n° 1 anno 2004/ n°1 anno 2003/ n°5 anno 2003/ n°7 anno 2003.
Mediazone, organo di informazione della Facoltà di scienze della Comunicazione ''La Sapienza'' di Roma.



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posted by alex at 15:58 | 2 comments
domenica, agosto 06, 2006
Gran bel sito per tutti coloro che, come me, sono appassionati dei classici e intramontabili maggioloni e camper della VolksWagen. Storia, news e possibiltà di acquisto (nuovo e usato) ma penso prevalentemente sul mercato inglese...Non aspettiamoci certo prezzi concorrenziali. Maledetti inglesi...

sito: beetles-uk.com

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posted by alex at 16:59 | 0 comments
venerdì, agosto 04, 2006
Ieri sera, facendo un escursus di vecchi articoli messi da parte, mi sono ritrovato qualche informazione utile a chi, come me, vuole intraprendere prima o poi la carriera di libero professionista. Nel caso specifico dei designer (settore non menzionato tra le categorie in Confartigianato) la situazione è la seguente: la professione "Designer" non può appoggiarsi ad alcun albo professionale (esistente però per gli architetti) e -tra l'altro- non se ne prevede neanche l'ipotetica istituzione visto che la tendenza attuale è quella di ridurre il numero di albi professionali per facilitare l'accesso a determinate professioni (che non ho capito, però, a quali si riferisce).
Segue citazione testuale di una mail di risposta a un lettore da parte di Valentina Montorsi (responsabile NIdiL CGIL di Modena): "In merito ai versamenti pensionistici si aprono diverse strade di fronte al designer:
- lavoro come libero professionista e quindi versamenti all'Inps come artigiano;
- lavoro come collaboratore/prestatore d'opera e versamenti all'Inps del 12% (progressivamente la percentuale dovrebbe crescere);
- lavoro come dipendente e versamenti in base al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro;
- lavoro come titolare d'azienda e versamenti Per CGIL CISL UIL. (mail del 30/04/1999) "

Per curiosità riporto anche la seguente domanda e risposta, sempre da parte della Montorsi:

"Sono una traduttrice italiana appena rientrata dall'estero. Sono ancora all'inizio della mia carriera e quindi ho ancora collaborazioni saltuarie ma comunque non sono prestazioni occasionali in quanto la traduzione è la mia attività principale.
Dovrei quindi aprire la PI. Mi conviene oppure è meglio emettere generiche ricevute per prestazione occasionili? Perchè alcune imprese non vogliono "troppe" prestazioni occasionali?
Quali spese comporta l'apertura della PI? Quanto vengono tassate le fatture che emettero sui miei clienti comunitari o extracomunitari? Quando avrò la PI, come calcolerò l'INPS sulla fattura? Forse così:
IMPONIBILE: +20% IVA; - 8% INPS a mio carico.
Il 12% INPS (8% a mio carico e 4% a carico del committente) è un contributo per la pensione? Se sì, rimanendo io qui in Italia non troppi anni, e quindi la pensione che eventualmente riceverei sarebbe irrisoria, potrò vedermeli rimborsare oppure se li tengono (come mi è successo in Svizzera!). Grazie."

Lisa (Roma)

"Potresti pensare di fare delle collaborazioni coordinate continuative se l'attività che svolgi è concentrata su alcune imprese con le quali non hai rapporti occasionali ma più strutturati.
La partita IVA ha un pagamento di INPS come quello da te descritto, inoltre però prevede il pagamento dell'IRAP (imposta regionale sulle attività produttive), inoltre dovresti tenere una contabilità non semplice che ti farebbe ricorrere all'utilizzo di un commercialista o altro.
Questa attività va svolta avendo formulato un contratto scritto che regolerà tutti gli aspetti della prestazione, quindi va stilato in modo giusto e vanno evitate clausole capestro.
Per questo ti invito a rivolgerti nella tua città ad uno dei sindacati che tutelano i lavoratori atipici, NIdiL Cgil - Alai Cisl - Cpo Uil, e pretendi una consulenza mirata ed approfondita. Ciao. (mail del 19/05/2000)"

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posted by alex at 17:04 | 0 comments
Gli schermi tattili o "touch screen" sono dispositivi di input per sistemi computerizzati che, posti in contatto o di fronte ad un monitor, permettono di usare come dispositivo di puntamento il dito dell'utente. Infatti "toccando" questi schermi in corrispondenza di un' icona o di un link ipertestuale si attivano le funzioni sottostanti il dito.

Il touch screen è costituito da tre elementi: il gruppo schermo-sensori, il controller e il driver software. Il gruppo schermo-sensore rileva il tocco dell'utente e lo invia sotto forma di variazioni di tensione al controller che lo elabora. Il controller è collegabile ad una opportuna porta del computer. Il driver software si occupa dell'interfaccia con il sistema operativo e di individuare la funzione scelta.

I touch screen vengono realizzati con varie tecnologie: tecnologia resistiva, tecnologia capacitiva, tecnologia a infrarossi, tecnologia ad onde acustiche, tecnologia piezo-elettrica.

I touch screen realizzati con la tecnologia resistiva sono schermi tattili composti da strati, ognuno ricoperto da una patina conduttrice sulla superficie interna. Gli strati interni conduttivi sono separati da punti separatori distribuiti regolarmente sull'area attiva. La pressione del tocco del dito causa un contatto elettrico fornendo all'interfaccia elettronica tensioni analogiche proporzionali alle coordinate orizzontale e verticale. Le tensioni vengono convertite dal controller in segnali digitali. Questa tecnologia ha il vantaggio di avere prezzi economici e grande precisione, ma gli schermi sono molto scuri e facilmente rovinabili da atti vandalici.

I touch screen realizzati con tecnologia capacitiva sono costituiti da un pannello di materiale vetroso ricoperto da uno strato di ossido di metallo trasparente nella superficie rivolta all'utente. Viene applicata una tensione ai quattro angoli creando un campo elettrico uniforme. Al tocco del dito sulla superficie capacitiva viene prodotta una variazione di campo elettrico, le coordinate del punto di contatto vengono determinate misurando la caduta di tensione sulle quattro sorgenti. Questa tecnologia ha il vantaggio di avere grande precisione e schermi molto trasparenti, però non funzionano se l' utente indossa guanti, possono essere danneggiati da abrasioni superficiali, necessitano di ri-calibrazioni frequenti e hanno costo elevato.

I touch screen realizzati con tecnologia ad infrarossi sono costituiti da un vetro circondato da una serie di diodi ad emissione luminosa e di sensori a foto transistor diametralmente opposti. Vengono emesse sequenze di impulsi dai led fino a formare una invisibile rete di raggi luminosi davanti alla superficie del pannello. Quando questa maglia viene interrotta da un oggetto solido, il circuito elettronico invia le coordinate al controller. Questa tecnologia ha il vantaggio di offrire schermi molto trasparenti, è insensibile alle abrasioni dello schermo, ha stabilità di calibrazione eccellente. Come svantaggi presenta imprecisione e scarsa velocità di risposta al tocco.

I touch screen realizzati con tecnologia ad onde acustiche superficiali sono formati da lastre in puro vetro, dotati di trasduttori che emettono e ricevono due fasci di onde acustiche superficiali non udibili dall'uomo (una orizzontale e l'altra verticale). Il dito dell'utente tocca il vetro ed assorbe una porzione di segnale la cui variazione viene analizzata dal controller che individua le coordinate del punto di contatto. Questa tecnologia ha il vantaggio di offrire schermi molto trasparenti, elevata precisione, stabilità di calibrazione eccellente. Però sono schermi molto costosi e non non adatti all'ambiente esterno ed al contatto con liquidi.

I touch screen realizzati con tecnologia piezo-elettrica sono formati da una cornice in alluminio che contiene quattro sensori piezoelettrici posti in corrispondenza dei quattro angoli. Quando si esercita una pressione sul vetro (che è libero di muoversi) questo trasmette la pressione ai quattro sensori, determinando lo sbilanciamento di un ponte; il segnale analogico risultante viene trasformato dal controller in segnale digitale. Questa tecnologia ha il vantaggio di offrire schermi molto trasparenti, non è sensibile ai liquidi e ed abrasioni dello schermo, ha stabilità di calibrazione eccellente. Gli schermi molto costosi, la precisione è scarsa e la pressione di tocco è elevata.

(Grazie a Pietro "Pidru" Fabbri per avermi fornito l'informazione)

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posted by alex at 16:59 | 0 comments
Questo è uno di quegli articoli che conserverei con cura: consigli utili che hanno a che vedere con la scelta motivata di una giusta illuminazione domestica, utile a tutti, sia chi ha già casa (e poter apportare modifiche) sia a chi non ce l'ha e può ancora intervervenire per tempo.

"Che l'illuminazione sia fondamentale all'interno degli ambienti è ormai cosa risaputa; che una buona illuminazione favorisca una visione ottimale anche. Quello che forse tutti non sanno è che ogni ambiente della propria casa ha una sua maniera di essere illuminato, non solo per ottimizzare le stanze abitate e per risparmiare energia, ma anche per creare un'atmosfera particolare, per mettere in risalto un quadro o un mobile antico o un semplice accessorio che la padrona di casa vuole mettere al di sopra degli altri.

Cosa scegliere
Non è un caso che le lampade siano l'ultima cosa che viene acquistata quando si mette a nuovo un'abitazione. Esse, infatti, devono amalgamarsi con estrema cura nell'ambiente in cui andranno poste, quindi c'è bisogno che l'arredamento sia pressappoco definitivo.
Chiaramente, il principio fondamentale secondo cui vengono scelte le lampada è il design, ma anche la sicurezza ed il risparmio energetico giocano un ruolo essenziale nell'acquisto. Infatti, lampade a marchio IMQ, che sono state sottoposte a più di 200 controlli, saranno di certo più sicure e quelle che permettono agganci con lampadine a risparmio energetico ovviamente saranno più appetibili. Inoltre, bisogna fare attenzione anche al tempo in cui le lampade restano accese e alla massima potenza che supportano.

Le stanze
Abbiamo detto che ogni stanza ha di preferenza un suo tipo di luce. Vediamoli insieme. Nella cucina, ad esempio, la luce deve essere generale con qualche faretto che punti sui fornelli e sul piano di lavoro da accendere all'occorrenza; per queste zone vanno bene anche illuminazioni a fluorescenza da porre perfino in piccole nicchie ricavate dal soffitto o dalle pareti. Nel bagno, invece, vanno benissimo la solita plafoniera centrale ed una luce accanto allo specchio posto sul lavandino; anche nel caso dello specchio, i faretti sono l'illuminazione preferita. Nel corridoio è preferibile adottare una luce calda, che accolga eventuali ospiti, emanata da appliques posti sulle pareti; se avete un quadro particolare che volete mettere in risalto, il faretto è sempre la soluzione migliore.

La stanza da pranzo va di preferenza illuminata con un lampadario centrale (o due a seconda della grandezza della stanza), che proietti la luce sul tavolo, magari abbastanza grande e con doppio interruttore, in modo che si possa scegliere quante lampadine accendere a seconda dei commensali. Se avete punti con oggetti in cristallo o qualche quadro che ritenete abbia bisogno di essere messo in evidenza, non dimenticate i faretti. Il soggiorno va invece illuminato a spot, cioè a zone, in modo che ognuna di queste possa essere illuminata all'occorrenza per mangiare, giocare, chiacchierare con gli amici sul divano, guardare la TV, ecc. Preferenza, quindi, ad appliques, faretti ed eventualmente un lampadario centrale ma non troppo grande e senza troppe lampadine. Anche la camera dei ragazzi andrebbe illuminata a zone, con un lampadario centrale ed una buona illuminazione della zona studio, magari con lampade alogene con bracci regolabili. La stanza da letto, infine, potrebbe essere illuminata dai tradizionali quattro elementi: lampadario centrale, lampada da cassettone ed i due abat-jour per i comodini.

Qualche consiglio per il fai-da-te
Se il marito si dedica al bricolage o se la moglie ama occuparsi lei stessa dei piccoli oggetti di casa, può essere simpatico montare gli accessori per l'illuminazione da soli. È importante, però, farlo sempre in tutta sicurezza. Qualche consiglio potrà essere d'aiuto per tenere a mente delle semplici norme contro gli infortuni in casa. Innanzitutto, se dovete cambiare una lampadina, fatelo sempre dopo aver tolto la spina dalla presa; sostituitela sempre con un voltaggio non superiore a quello consigliato perché potrebbe provocare uno scoppio o un corto circuito e, in ogni caso, non lasciate mai l'abat-jour senza lampadina, soprattutto se avete bambini piccoli, perché le loro dita si infilano veramente dappertutto. Allontanate sempre le spine ed i fili della corrente da tende, tappeti e tutto ciò che c'è di infiammabile perché potrebbe esserci un sovraccarico che provochi scintille, con tutte le conseguenze che questo può portare. Inoltre, non coprite mai le lampade con veli, giornali, indumenti di cotone, ecc.: il calore sviluppato durante l'accensione è molto forte e questi materiali potrebbero andare a fuoco facilmente. Quando pulite le lampade, fatelo sempre con prodotti adatti (magari consigliati dalla casa produttrice) e togliendo sempre la spina dalla presa."

fonte: paginemediche.it

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